Più cresce la scienza, più si sviluppa la tecnologia, più c’è bisogno di pace
In questi giorni, e da troppo tempo ormai, in città ucraine come Odessa, Kharvik, Mariupol, o in Medio Oriente, a Beit Hanun, a Gaza così come in altre centinaia di conflitti in giro per il mondo, le bombe fanno tremare le case, i muri crepano e i vetri delle finestre si frantumano. Una bomba, poi un’altra. Silenzio, urla e ancora silenzio. La luce e il calore delle fiamme invadono le stanze. Le pareti dei palazzi crollano direttamente sulle strade riempiendole di polvere e detriti. La disperazione negli occhi di chi ha perso tutto, la casa, i familiari. Lo smarrimento di chi è stato ferito, di chi non riesce più a camminare, di chi non sa come scappare e dove andare. Due occhi spuntano da un palazzo sventrato, sono bloccati lì, la carrozzina sospesa tra due realtà scomode: il conflitto e le barriere non solo architettoniche, ma anche sociali. La guerra è l’inferno che l’uomo infligge a sé stesso, una barbarie incomprensibile. Nessuna questione politica, religiosa o economica giustifica un atto di violenza e cattiveria così disumano.
Il monito e la drammatica eredità delle due guerre mondiali del secolo scorso, di decine di milioni di morti, il nazifascismo e la bomba atomica, non sembrano ancora essere sufficienti per la messa al bando delle guerre e per la piena affermazione dei principi espressi dalle Nazioni Unite, intesa come l’istituzione democratica titolata a rappresentare gli interessi del pianeta e dell’umanità intera, rispettata e riconosciuta da tutte le nazioni. E, da queste, pienamente legittimata a regolare i conflitti tra stati, per la via del diritto e del negoziato, senza più fare ricorso alle guerre, all’unilateralismo e men che meno alla corsa al riarmo, come sta avvenendo in questi ultimi tempi. Sono convinto, e sono certo di non essere l’unico, che se non sapremo estirpare dalla faccia della terra il cancro della guerra e della corsa al riarmo, sarà impossibile eliminare la povertà, lo sfruttamento, le diseguaglianze, le migrazioni di massa. Come pure per ogni comunità e per ogni stato, potente o armato che sia, sarà inutile rinchiudersi nei propri confini, ergendo muri o chiudendo i porti, o schierando eserciti e armamenti, per difendere i propri interessi. La sola strada per tutti noi, è la strada dei diritti, della democrazia, della convivenza, dello sviluppo sostenibile su scala globale, che non escluda nessuna e nessuno. La sola strada per tutti noi è la riconversione dell’industria bellica in industria civile.
Oltre a essere un imperativo morale, la pace è una necessità affinché un mondo altamente tecnologico possa sopravvivere. Più cresce la scienza, più si sviluppa la tecnologia, più c’è bisogno di pace: o si vive in relazione positiva con il prossimo, o il sistema su cui si basa lo sviluppo della nostra civiltà è destinato ad esaurirsi.
Ma ci può essere la pace in un mondo dove l’uno per cento più ricco possiede il 43 per cento della ricchezza globale? Ci può essere pace in un mondo dove, pur scarseggiando le risorse e aumentando in modo drammatico l’inquinamento, siamo esortati a consumare di più e a rottamare cose ancora funzionanti? Ci può essere pace in un mondo dove oltre un miliardo di persone, loro malgrado, sono costrette a vivere recluse nella prigionia delle disabilità?
È evidente che bisogna cambiare con urgenza l’attuale modello di sviluppo, come sostengono con forza gli scienziati più illuminati. L’unico modo per realizzare il sogno della pace è che ci sia più solidarietà; bisogna che le risorse della Terra siano equamente condivise. Perché questo non comporti la fine della nostra civiltà, bisogna che la scienza faccia altri passi avanti e che si sviluppi ancor più la tecnologia: una tecnologia buona, volta ad un uso pacifico, come ad esempio gli studi di trasduzione acustica, di rigenerazione chimica, di aiuto alla mobilità per i non vedenti, trasmissione di segnali nervosi ed esoscheletri per i paraplegici, terapia genica per i sordi, protesi robotiche per gli amputati, riconoscimento dei movimenti oculari per persone in locked-in – pensate che i ricercatori si esaltano davanti a questi studi come un nuotatore davanti allo Stretto di Cook nell’inverno australe – . E infine fare un uso migliore delle risorse che sono disponibili su questa astronave, chiamata Terra, che vaga nello spazio infinito e che è l’unico luogo che c’è stato dato per vivere.
Salvatore Cimmino